Il Centro Studi Sagara (SRL “Impresa Sociale non a scopo di lucro” d’ora in poi CSS) è stato fondato nel 2010 da un gruppo di professionisti provenienti da diverse esperienze come formatori, docenti e operatori in Italia e all’Estero nei campi della salute, dell’educazione, della ricerca.
Consapevoli dei processi critici in corso che modificano sull’intero pianeta i vari contesti sociali e ambientali, sentivano l’urgenza di un aggiornamento degli approcci disciplinari e terapeutici ereditati.
Proprio per far fronte a quell’inedita complessità occorreva prima di tutto un approccio multidisciplinare: un gruppo, dunque, in grado di mettere alla prova teorie e tecniche ereditate nei vari campi aggiornando ciò che i secoli passati e le molteplici tradizioni ci hanno lasciato.
Messa a punto di metodologie di ricerca e osservazione in grado di leggere nei vari contesti forme e cause delle sofferenze (in particolare quelle definite come “psichiche”), di decifrarne le dinamiche fondamentali per proporre e mettere in campo approcci preventivi e terapeutici originali, multidisciplinari e multiculturali.
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Ricerche e osservazioni nell’ambito dei processi d’inculturazione, delle antropopoiesi, di pedagogia interculturale che aprano ad azioni di formazione, apprendimento, informazione e cura.
Diffusione tra gli addetti ai lavori e tra i non-specialisti di materiali didattici e d’informazione (libri, documenti audio-video anche accessibili in rete), promozione di esperienze utili a contrastare le dinamiche di alienazione, dominio, sfruttamento, distruzione delle risorse umane e materiali.
«Sogno una psicoterapia compatibile con il mondo come sta andando: un mondo aperto, poliglotta, politeista, cosmopolita, ricco di cose e di esseri che non intendono scomparire.
Sogno una psicoterapia che sia in grado di integrare le famiglie, gli esperti, che provengano da discipline ‘psi’ o da altre discipline, le divinità – in particolare quelle degli altri – gli invisibili, gli oggetti terapeutici.
Sogno una psicoterapia che accetti di trasformare realmente lo spazio della consultazione in un luogo di dibattito contraddittorio, come lo è la scena pubblica.
Sogno una psicoterapia che, pur ammettendo la modernità nella sua complessità, non abbia dimenticato le lezioni della storia, che si ricordi delle comunità di un tempo dove l’efficacia era valutata dagli utenti…
Sogno una psicoterapia che non sia più paralizzata davanti alla psicoanalisi, che accetterebbe di pensare a delle parole scomparse: ‘dimenticare’, per esempio…., che saprebbe descrivere la sua azione in termini di ‘concertazione’, di ‘negoziazione’ e di ‘diplomazia’… una psicoterapia, infine, che non faccia più finta di ignorare che è terapeutica, proprio perché è sociale, proprio perché è politica».
(da La guerre des Psy. Manifeste pour une psychothérapie démocratique, a cura di Tobie Nathan. Paris, Le Seuil, 2006)
«Abbiamo bisogno soprattutto di un sistema di psicoterapia che non si fondi sul contenuto di una cultura particolare […] ma sulla percezione corretta della natura della cultura come tale: su di una comprensione delle categorie culturali. Questo è lo scopo che personalmente mi sono prefisso e a cui mi sono consacrato quasi esclusivamente da parecchi anni».
(Georges Devereux, 1952)
«Di fatto, l’etnopsichiatria mi sembra oggi la sola psicoterapia compatibile con un mondo aperto, poliglotta, politeista per sua natura, cosmopolita, ricco di esseri (visibili e invisibili) e di cose che non intendono scomparire».
(Tobie Nathan, 2009Nuovo paragrafo
A partire da un approccio multidisciplinare e multiculturale e da un’opzione politica di base condivisa e fin dall’inizio esplicitata (valorizzare le culture locali abbandonando ogni approccio neocoloniale, promuovere il dialogo radicale tra rappresentanti di mondi diversi) il gruppo ha iniziato a sperimentare e realizzare iniziative in alcuni campi operativi (in particolare quelli della salute e dell’educazione) e in contesti culturali e geografici disparati.
Sono andate così consolidandosi teorie e pratiche necessarie ad approcci educativi e terapeutici aggiornati e sensibili alle particolarità locali, in grado di valorizzarne le risorse proprie e gli aspetti virtuosi. Con, come primo obbligo metodologico, il dar voce prima di tutto agli esperti locali e ai destinatari degli interventi formativi e sanitari.
Interventi dunque esito di scelte comuni, utili alla salute e allo sviluppo delle comunità; non innesti di modelli, bisogni e dipendenze imposti da interessi, ideologie, cosmovisioni provenienti da altrove.
Alla pag. 26 dello Statuto qui allegato vengono indicate le aree di attività del CSS: